PARTE PRIMA
La tradizione del riassorbimento del reale
Il mezzo del riassorbimento del reale
Tutti i grandi cammini esoterici, i percorsi di auto sviluppo e di crescita personale, la psicologia del profondo e l’alchimia, se sono davvero efficaci, lo sono poiché custodiscono nel loro cuore la chiave straordinaria del riassorbimento del reale. Anche lo sciamanismo, lo yoga e il buddhismo tantrico, l’induismo tantrico, lo gnosticismo cristiano, la cabala, il sufismo, le religioni esoteriche, si fondano sulla medesima chiave, lo stesso procedimento: il “riassorbimento del reale”, che talora viene anche definito “ritiro delle proiezioni”.
Per queste ragioni il procedimento del ritiro delle proiezioni viene detto essere “il mezzo”. Esso è, infatti, il mezzo per accedere a una vita libera e realizzata.
Si tratta, in verità, di un mezzo semplicissimo e alla portata di tutti. Tanto semplice che la difficoltà per arrivarci e per saperlo utilizzare è più che altro nella capacità di destrutturarsi, rendendosi capaci di cogliere e di utilizzare questo mezzo di estrema semplicità e naturalezza.
La civiltà e le istituzioni, in quanto sono esse stesse strutture, giocano sempre un ruolo di opposizione alla destrutturazione. Perciò “il mezzo” viaggia da tempi immemorabili al di fuori delle istituzioni, in circuiti non convenzionali.
La tradizione del Mantra Madre è per eccellenza la tradizione che veicola “il mezzo” nel modo più puro e originario, senza sovrastrutture, essa viaggia nei circuiti dello yoga tantrico-sciamanico e dell’alchimia, in Oriente come in Occidente, da molti secoli.
La tradizione del Mantra Madre, come quella dell’alchimia e del tantrismo, si perde nella notte dei tempi. Sebbene, infatti, la codificazione scritta di queste tradizioni sia avvenuta in tempi storicamente databili, non si può negare che tale codificazione sia stata compiuta sulla base di tradizioni orali tramandate da tempi remoti.
Attraverso i grandi cammini esoterici viene tramandata la tradizione di natura, ovvero il sentire e la conoscenza dei popoli animisti e politeisti che hanno vissuto in una condizione di simbiosi con la natura e con i suoi dei. È questo forse che ha fatto sì che alcuni studiosi abbiano cercato collegamenti tra il tantrismo, l’alchimia e lo sciamanismo animistico. Sebbene una derivazione storica non sia dimostrabile, tuttavia vi è una tale continuità di sentimento profondo tra lo scimanismo, il tantrismo e l’alchimia, da far pensare a un’unica grande tradizione che assume forme diverse, ora estremamente intuitive, ora assai colte e raffinate. Possiamo dire che il tantrismo e l’alchimia sono forme colte per mezzo delle quali il sentire sciamanico, tribale, ancestrale viene trasmesso nella storia in Oriente come in Occidente.
Tantrismo e alchimia trasmettono un messaggio delle origini, arricchendolo di culti pratiche, tradizioni, rituali, miti e saggezza.
La psicologia del profondo, che si collega alle visioni politeiste e sciamaniche (si pensi, per esempio, alla psicologia archetipica o politeista di James Hillman), è anch’essa un consapevole strumento di trasmissione de “il mezzo”.
Vi è un filo d’oro che lega insieme la conoscenza rivelata delle origini alle tradizioni esoteriche e spirituali dei popoli, fino alla psicologia del profondo.
Il Mantra Madre è questo filo d’oro il cui valore è inestimabile.
Questo tesoro prezioso è ciò di cui, con il permesso dei maestri visibili e invisibili, ci accingiamo a parlare nelle pagine a venire.
Che si chiami Mantra Madre è una scelta. Qualcuno, in passato, lo ha definito “formula psichica della creazione immaginale”, altri vi hanno fatto riferimento con l’espressione “formula magica”, altri ancora lo hanno definito “il mezzo automatico” o più semplicemente “il mezzo”. Più avanti spiegheremo il perché di questi nomi e il loro significato. Naturalmente spiegheremo anche con dovizia di dettagli cosa si intenda con l’espressione “riassorbimento del reale” anche se un primo significato del tutto intuitivo può già essere, forse, colto dal lettore.
La tradizione universale e particolare del MM
Il MM, dunque, fa riferimento a una conoscenza molto antica. Nello stesso tempo, però, questa conoscenza è talmente duttile da poter essere adattata alla tradizione immaginale dei vari popoli.
Non vi è dubbio che vi sia una tradizione immaginale occidentale e una tradizione immaginale orientale e che le due siano differenti.
Per tradizione immaginale nella psicologia del profondo si intende la complessità delle immagini, dei miti e dei riti che stanno alla base di una cultura.
Il MM ha questo potere di essere universale e al contempo di saper adattarsi alla cultura di colui che lo pratica.
Universalità significa che è per tutti, indipendentemente dalla religione, dalla etnia o dalla cultura di appartenenza.
Particolarità significa che esso sa ritagliarsi sulle pieghe della psiche di chi lo pratica fino a calzare perfettamente.
Il MM ha infatti tre forme chiamate “varianti”: due varianti universali e una variante particolare, delle quali ci occuperemo più avanti.
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Il piacere immoto
Ciascuno di noi è permanentemente unito all’anima mundi attraverso un rapporto erotico-creativo, questa condizione viene definita, nello yoga sciamanico-tantrico e in alchimia, “piacere immoto”.
Il piacere immoto è una condizione di permeante eccitazione, cioè di costane creatività ed ispirazione che non fugge mai via , poiché non dipende da nessun oggetto esterno.
Il piacere immoto non dipende da nessun oggetto, poiché è raggiungibile unicamente a mezzo di un risveglio della consapevolezza, la quale si rende capace di vedere l’illusorietà degli oggetti materiali. Questa consapevolezza risvegliata, comprendendo la vacuità come essenza di ogni cosa, entra in relazione con l’anima delle cose, cioè con il loro aspetto invisibile, che essa percepisce al di là di ciò che gli occhi possono vedere.
La parola sciamano ha probabilmente origine dalla radice tungusa “shaman” che significa “colui che è eccitato”.
Essere nel piacere immoto significa essere in una condizione simile a quella in cui si trova lo sciamano nei momenti del suo processo di trance estatica, nei quali egli comunica con gli spiriti. Il piacere immoto – che è la condizione delle nozze alchemiche – è uno stato in cui è possibile dialogare con le schiere di spiriti, demoni, dei, geni che popolano l’invisibile universo vuoto. Essi sono gli infiniti aspetti dell’anima: i Signori della Natura, le forze naturali, che in una certa tradizione esoterica siamo abituati a chiamare “gnomi” – gli spiriti della terra -, “ondine” – gli spiriti dell’acqua, – “salamandre” – gli spiriti del fuoco, – “elfi” – gli spiriti dell’aria. Sono le nostro stesse idee, gli dei. Sono i nostri avi, i quali non sono assenti, ma sono invisibili. Sono la nostra anima selvaggia, il nostro spirito animale e sono le nostre guide sottili, il nostro maestro interiore. Sono gli leonina, gli extraterrestri che, secondo alcuni, avrebbero plasmato la stirpe umana. Tutti questi sono i tanti aspetti del nostro sposo, della nostra sposa mistica, poiché – come abbiamo detto – l’anima è una complessità tale per cui il tutto è nella parte e la parte è nel tutto, il molteplice è nell’uno e l’uno nel molteplice.
Il nostro sposo, la nostra sposa sotterranea o celeste è sempre tutt’intorno a noi è ci abbraccia. Siamo permanentemente uniti all’invisibilità in una unione erotico-creativa.
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L’anima
L’anima produce le esperienze di terra, acqua, fuoco e aria immaginando la bellezza del darsi, l’amore, lo svanire per amore e il creare per amore.
Immaginare é creare per amore. L’anima è l’atto stesso dell’immaginare.
Nella psicologia del profondo, i termini psiche, anima e istinto sono spesso sinonimi, entrambi utilizzati per quell’attività creativa che genera tutte le impressioni che abitiamo.
Questo immaginare creativo si produce unicamente nella dimensione del contatto tra Padre e Madre, tra vita e morte, tra luce e ombra.
L’impressione illusoria della separazione degli amanti divini ci fa perdere il contatto con la soglia liminale tra conscio e inconscio, che chiamiamo immaginale, là dove le immagini si producono. Perdendo l’immaginale dimentichiamo di essere i proiettori di tutte le immagini che abitiamo. E, come sognatori di un sogno, del tutto dimentichi del fatto che stanno sognando, subiamo gli eventi e l’impatto con gli elementi che sono le nostre stesse immagini.
Il risveglio dal sogno é la riunificazione degli amanti divini e il ritorno nella condizione del piacere immoto.
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Archetipi, spiriti e dei: le immagini che abitiamo
Ciò che nella psicologia del profondo chiamiamo archetipi, nell’antichità erano gli dei, mentre presso le popolazioni animiste e presso gli sciamani sono gli spiriti. Essi sono le forme originarie delle esperienze.
Non vi è dubbio che affinché un comportamento si produca nel mondo è necessario che esso venga in qualche modo immaginato. Nulla che non sia stato immaginato può accadere. Per esempio, se nell’istinto non si fosse mai prodotta l’immagine della caccia il primo uomo che ha forgiato la prima freccia e ha ucciso il primo mammut o il primo tirannosauro che ha ucciso il primo velociraptor non sarebbe mai esistito e non vi sarebbero che vegetariani su questo pianeta.
Ciò che per lo sciamano è lo spirito della caccia, per lo psicanalista è l’archetipo della caccia, mentre nella antica Grecia era Artemide, la dea della caccia.
L’anima viene al mondo con una missione in base alla quale ha necessità di attivare determinati comportamenti, perciò si serve di certe immagini originarie o archetipi.
Le principali immagini che la nostra anima proietta, proprio come gli dei di un mito, determinano eventi che sono storie passionali, di turbamento ed estrema bellezza, al di là del bene e del male. Queste storie sono le nostre vite. Ciò ha fatto dire a James Hillman, uno dei massimi esponenti contemporanei della visione immaginale: “Noi non possiamo che fare nel tempo ciò che gli dei fanno nell’eternità” (James Hillman, Il Sogno e il Mondo Infero).
Il processo del riassorbimento del reale, che si attua a mezzo del metodo della tradizione del Mantra Madre, ci porta a vedere il mito che stiamo mettendo sulla scena della vita vivendo. La consapevolezza del mito in cui siamo coinvolti ci rende amanti, compagni, complici degli dei, sollevandoci dalla condizione di vittime degli eventi.
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PARTE QUARTA, il Mantra Madre, la tradizione del riassorbimento del reale e della riunificazione degli amanti divini.
La funzione del Mantra Madre è quella di consentire a chi ne venga iniziato di riassorbire il reale e di riunificare gli amanti divini, risvegliandosi dal sonno ipnotico del materialismo e del vittimismo.
A questo fine la tradizione del Mantra Madre -d’ora innanzi abbreviato in MM-consta di quattro cosiddetti movimenti.
Primo movimento: la comprensione dello stato di sogno
Secondo movimento: il prendere con sé gli spiriti, la caccia all’anima.
Terzo movimento: riunificare gli amanti divini nella consapevolezza del due in uno.
Quarto movimento: la ripetizione del Mantra.
Vediamo ora in dettaglio i quattro movimenti che costituiscono la pratica del MM.
Primo movimento, la Comprensione dello Stato di Sogno
Fare anima, nel linguaggio della psicologia immaginale, significa sviluppare la capacità di “vedere” che persone cose, luoghi ed eventi che quotidianamente percepiamo sono un sogno all’interno di un sogno e non hanno alcuna sostanza reale, sono ombre, miraggi; come l’immagine della luna riflessa nell’acqua, sono visioni vivide e lucide, ma prive di sostanza. Il senso dell’oggettività delle cose e del materialismo sono inganni che, al momento del risveglio dal sogno, svaniscono come fumo nel vento.
Fare anima significa prendere ogni persona, oggetto, evento con cui veniamo a contatto e riportarlo alla sua reale natura di immagine ricordando a noi stessi che stiamo sognando e che ciò che percepiamo è una immagine prodotta dal nostro stesso sogno.
Fare anima significa, dunque, prendere la realtà pezzo per pezzo e ricondurla all’anima, ai regni di Ade, alla dimora delle ombre, alle profondità dell’eterno femmineo, ai reami dell’Io istintuale.
Fare anima vuole dire altresì saper evocare le ombre che abitano oltre la Grande Soglia e portarle in una zona ove ci sia possibile comunicare con esse: gli avi, gli archetipi, le immagini che popolano le profondità della nostra psiche, le ombre invisibili che determinano il nostro pensare e il nostro agire.
Fare anima, in buona sostanza, significa fare in modo che tutto ciò che è al di qua e tutto ciò che è al di là della Grande Soglia si incontri in un confine che non ha collocazione né di tempo né di spazio. Questo confine è la Terra di Mezzo, la Grande Medesimezza e può essere simboleggiato dall’androgino.
L’androgino è il simbolo dell’unione di morte e vita e di tutti gli opposti, esso è l’emblema della vittoria dell’amore sulla paura e dell’incontro con il sacro, il sacrum facere, la capacità di darsi.
Fare anima significa affrontare il viaggio verso la Grande Soglia – che è la terra dell’immaginale.
Il metodo del fare anima consiste nel ricordare a se stessi più volte al giorno e in molti modi che si sta sognando. Questo è il primo movimento del riassorbimento del reale.
Non importa in che situazione ti trovi, se avrai la prontezza di ricordare a te stesso che stai sognando, tutto intorno a te cambierà all’istante. Se ti trovi in una condizione difficile in cui ti pare che gli eventi ti opprimano, ricorda che tu sei il sognatore del sogno. Se la realtà circostante è troppo dura, densa, pesante, urla dentro di te: “Sto sognando, sto sognando, sto sognando!”, e continua a ripetere questa affermazione che è una formula psichica della creazione immaginale. Nella tradizione del MM sono conosciute diverse formule psichiche che, a onor del vero, funzionano come vere e proprie formule magiche, se usate con consapevolezza e conoscenza. Il MM è una formula psichica della creazione immaginale, o formula magica.
Mentre ripeti dentro di te la formula, paragona tutto ciò che vedi, che senti, che percepisci alle immagini di un sogno.
Gli sciamani tantrici dell’Himalaya hanno creato uno Yoga come metodo del disvelamento dello stato di sogno. Si chiamo Lo Yoga della Comprensione dello Stato di Sogno ed è uno dei cosiddetti Yoga Himalayani, anche conosciuti come Yoga di Naropa. Questo Yoga consiste appunto nel vivere nella consapevolezza dello stato di sogno. Ricordare a se stessi che si sta sognando è certamente un metodo efficace per ritrovarsi svegli.
Secondo movimento: il prendere con sé gli spiriti, la “caccia all’anima”
È un metodo sciamanico conosciuto tra gli sciamani di Siberia e Mongolia.
Per lo sciamano un uomo ha una vita dura fino a che non prende con sé i propri spiriti. Questi ultimi sono le espressioni più potenti della sua anima, cioè le cosiddette immagini di potere.
Sono immagini di potere:
gli avi,
i luoghi carichi di forza naturale, o luoghi sacri,
gli eventi più emotivamente forti della vita,
i sogni più significativi.
Il metodo del prendere con sé gli spiriti consiste – come il metodo della comprensione dello stato di sogno – nella ripetizione di una formula psichica della creazione immaginale, semplice, ma di estrema efficacia se utilizzata con consapevolezza e conoscenza.
Vale la pena ricordare che l’esperienza non è niente senza conoscenza.
La formula per la com-prensione – prendere con – degli spiriti consiste nel saper parlare agli spiriti, gli dei, che sono l’anima, il motore delle immagini. Ciò avviene semplicemente dicendo loro “vieni con me”, ma con piena consapevolezza e impeccabile conoscenza di ciò che si va facendo.
Pensando ai tuoi avi, contemplandone l’immagine in una fotografia, nei luoghi dove hanno vissuto, negli oggetti che hanno lasciato, dì loro “vieni con me”. Ripetendo la formula psichica dentro di te sarai pervaso da una sensazione di pace. Poiché prendere con sé gli avi significa pacificarne lo spirito.
In una visione immaginale, gli avi sono potenti immagini che la psiche proietta, vanno pensati in modo depersonalizzato, non come individui, ma come sogni di cui l’anima si serve per realizzare la propria missione. Gli avi non vanno giudicati, ma riassorbiti, come tutti i simboli.
I luoghi sacri, o luoghi di potere, dove l’energia naturale si esprime in tutta la sua potenza sono pieni di spiriti da prendere e portare con sé. Il metodo consiste nel rivolgersi ai fiumi, ai laghi, ai mari, alle montagne, alle piante e agli animali che si manifestano quando si cammina nella natura e dire loro “vieni con me!” Portare con sé gli spiriti e i guardiani dei luoghi non significa certo muoverli da dove stanno, eppure vuol dire ugualmente portarli via con sé. Ciò che appare contraddittorio alla mente è perfettamente accettabile per chi sa vedere la complessità. Ciò che per la mente non può essere vero, lo è per la natura, che é una immagine complessa.
Ripetendo dentro di te la formula psichica, rivolgendoti alle più potenti immagini di natura che la tua anima proietta, sarai pervaso da una sensazione di gioia intensa che scaturisce dalla consapevolezza della a-dualità. Tu e le immagini, sebbene siate una sola realtà che si auto proietta, una sola anima che si auto manifesta, tuttavia siete distinti: siete distinti ma non separati. Il principio di a-dualità, anche detto dualismo advaita, è un principio fondamentale della complessità. Esso fa si che – pur non esistendo l’altro, giacché tutto è uno – non si possa mai essere soli, poiché tutto è il due in uno e, dal momento che questo stato di a-dualità è amore, esso sprigiona gioia e piacere.
Gli eventi più emotivamente forti della tua vita, come le emozioni che hanno circondato la tua nascita, quelle che hanno accompagnato eventi traumatici come incidenti, malattie, lutti, ma anche matrimoni, gravidanze, comprensioni intense e improvvise, momenti di benessere, e le emozioni dei sogni più significativi o ricorrenti, contengono anch’esse spiriti, dei, geni, demoni e demonesse di grande potere. Al di là del bene e del male, senza fare distinzione tra eventi buoni e cattivi, senza paura, prendi tutte queste energie con te, ripetendo la formula psichica della creazione immaginale: “vieni con me!”, mentre ricordi le emozioni e le immagini degli eventi che le hanno condotte a te. Questo ti permetterà di sentirti integrale, completo, di relazionarti con amore a tutte le parti di te, ad ogni singolo aspetto della tua anima e del tuo corpo. Essere fedeli a se stessi, non provare rammarico per per i momenti passati per le scelte fatte, essere fedeli a se stessi è una condizione di privilegio.
Gli dei, che abitano il mondo dell’invisibilità, amano farti visita indossando le maschere dei personaggi, degli animali e persino dei luoghi naturali (montagne, fiumi) e degli eventi (volare, precipitare, che ti appaiono nei sogni). Perciò i sogni sono luoghi privilegiati della “caccia all’anima”. Con questo termine si fa riferimento a un processo di sciamanizzazione consueto presso gli sciamani siberiani e mongoli, il quale consiste appunto nel “catturare” o “reintegrare” la “anima fuggiasca”.
Quando qualcuno cade vittima di una malattia o di un serio problema esistenziale, per lo sciamano ha perso l’anima. Dire “ha perso l’anima” oppure “ha perso dei frammenti d’anima” non cambia il fatto in sé, giacché l’anima è una complessità ove il tutto è nella parte e la parte è nel tutto.
Il metodo del riassorbimento dei sogni consiste nel restare qualche istante immobili nel letto al risveglio, richiamando alla mente le immagini dei sogni e proferire, in direzione delle immagini più significative che si riesce a ricordare, la formula psichica della creazione immaginale: “Vieni con me!”.
Portare con sé durante la giornata le immagini dei sogni sostiene un progressivo processo di disidentificazione, di distanziamento dal proprio Io che porta a creare il Sè testimone.
Il Sè testimone è un aspetto della consapevolezza capace di guardare l’Io dall’esterno e di non farsi prendere dai suoi calcoli finalizzati al controllo, mossi dalla paura e condizionati dalle categorie di valori socialmente imposte. L’Io è sempre agitato tra paura e calcolo, tra il senso del bene e del male, del vantaggio e dello svantaggio personale, e non comprende di essere manipolato. Le sue emozioni sono sostanzialmente di paura, angoscia, tristezza e solitudine, poiché l’Io vive dell’illusione di esistere separato dal tutto. Il Sè è un tratto superiore della coscienza, è la consapevolezza di essere distinti ma non separati dalla natura e dall’universo, partecipi di una medesima vacuità che è eterna istantaneità. Il Sè si manifesta con un profondo senso di calma, una visione ampia a-temporale, una energia potente e una condizione di beatitudine inattaccabile.
Terzo movimento: riunificare gli amanti divini nella consapevolezza del due in uno.
Il Sè consente la riunificazione degli amanti divini, cioè permette la scoperta di un sentimento che potremmo definire di ecologia profonda.
Il Sè vede oltre gli individui, osserva le energie che li muovono e, oltre le cose, osserva l’anima mundi.
Questa abilità consente di riunificare luce e ombra, visibile ed invisibile, questa è la riunificazione di Padre e Madre che permette di modificare l’asse del mondo.
Con l’espressione “asse del mondo” si intende la prospettiva dalla quale si percepisce la realtà.
Quando Padre e Madre sono uniti, essi sono su di uno stesso piano. La morte non è inferiore alla vita, l’ombra non è peggiore della luce, l’invisibile non è più temibile del visibile, il mistero non è da sconfiggere con la conoscenza, ma da amare per com-prendere. In questo stato delle cose si dice che l’asse del mondo è orizzontale. L’orizzontalità dell’asse del mondo simboleggia lo stato di natura ove non esistono categorie di potere. Affinché il potere sia possibile è necessario verticalizzate l’asse del mondo per avere delle categorie di valori (vero, falso, bene, male, giusto, sbagliato) in base alle quali rendere la natura e gli uomini governabili, misurabili, prevedibili. Ed è indispensabile creare l’idea di un dio metafisico, cioè una entità distinta e separata dalla natura, collocata in un cielo lontano e superiore, che faccia da garante alla scala di valori creata dalla mente umana, la quale non trova alcuna giustificazione e supporto in natura.
Così, per ragioni di potere, gli amanti divini, i due aspetti profondi e fondamentali della psiche, vengono separati, il Padre é collocato in un cielo lontano e la Madre sprofonda nell’oscurantismo della materia priva di anima, o, al massimo, in un naturismo in cui essa è umanizzata dal sentimentalismo.
Il terzo movimento legato alla tradizione del MM consiste nella riunificazione degli amanti divini. Ciò viene fatto cessando di avere paura dell’ombra, del mistero a mezzo di una meditazione che comporta la ripetizione di un Mantra che è detto Mantra Egizio ed è considerato la prima variante universale del MM.
Qui di seguito riporto per la prima volta scritte nella sequenza corretta le sillabe di questo Mantra ritenuto oltremodo potente. Esse non sono mai state scritte e, se lo sono state, mai nella sequenza corretta. Il Mantra Egizio, infatti, è sempre stato ritenuto segreto ed ha fatto parte di una tradizione orale tale per cui poteva essere appreso sola dalla viva voce di un maestro.
Con il consenso dei maestri visibili ed invisibili, mi accingo a svelare la sequenza di queste sillabe e le corrette modalità di ripetizione del Mantra Egizio a beneficio di tutti coloro che potranno comprendere l’importanza del fare anima ed ecologia profonda.
La tradizione vuole che una sola ripetizione di questo mantra ponga irreversibilmente, infallibilmente, impeccabilmente sul cammino che conduce alla vittoria sulla paura e sulla illusione della morte.
La morte, intesa come fine della consapevolezza, è una illusione che esiste unicamente nella nostra cultura, cioè nel culto in cui le persone della cosiddetta civiltà moderna credono ciecamente. Essa è una conseguenza della paura che insorge dall’avere abbandonato lo stato naturale, dall’avere tradito il patto con la natura e infranto l’equilibrio universale per ragioni di potere.
La morte, come fine della consapevolezza, non esiste presso le tribù che ancora sono nello stato animista e vivono in comunione con la natura. Lo sciamano della tribù quando suona il tamburo chiama a raccolta i vivi e morti contemporaneamente.
La fine della consapevolezza – come ci trasmettono gli insegnamenti sulla morte, sia nella tradizione egiziana che in quella tantrica himalayana – è conseguente al fatto che nella morte l’individuo, che porta con sé il senso del peccato per aver tradito il patto con la natura, ha paura e, avendo paura, non è capace di sostenere la visione di ciò che gli accade. Nella morte la sua reale natura gli si disvela, giacché l’illusione dell’Io separato cessa. Questo disvelamento è paragonato, nelle tradizioni esoteriche sulla morte, alla visione di una luce chiara meravigliosa ed abbagliante. L’individuo che ha paura, poiché si sente in colpa, non riesce a sostenere questa visione, chiude gli occhi, cioè rifiuta di guardare, e così facendo cade nella fossa dell’inconsapevolezza dimenticando.
Così il vivente che si fa morente dimentica se stesso. Il morente transiterà dalla morte alla successiva rinascita nell’oblio e rinascerà nell’oblio. Questo oblio, questa dimenticanza, questa perdita di consapevolezza è la morte come essa viene vissuta nella nostra cultura, in quanto conseguenza dell’esistenza del senso del peccato.
La tradizione del MM vuole che una sola ripetizione del Mantra Egizio conduca il praticante sul cammino che porta all’immortalità e alla libertà.
……
Famigliarizzare con l’Oracolo
Nelle vere profondità, noi sappiamo già quale è il mitema, il tema umano, poetico, drammatico e potente che stiamo recitando sulla scena della vita. Ma vederlo e padroneggiarlo è un altro discorso. Per vedere bisogna vincere la paura.
Una madre porta nel cuore il volto dei propri figli fin dalla adolescenza. Nelle viscere abbiamo tutte le immagini del nostro destino, l’immagine della casa che abiteremo, della famiglia che avremo, della morte che faremo.
C’è un Oracolo – un veggente, un Prometeo – dentro ciascuno di noi, una voce simile a quella dell’Oracolo di Delfi che predisse a Giocasta che suo figlio Edipo avrebbe ucciso il padre e si sarebbe accoppiato con lei.
Giocasta, la mamma di Edipo, aveva sposato Laio, re di Tebe. L’Oracolo di Delfi le aveva predetto che il figlio di Laio avrebbe ucciso suo padre e sposato sua madre. Per impedire che la profezia si avverasse, Giocasta aveva abbandonato il proprio figlio su una montagna, con i piedi legati, e aveva annunciato la sua morte. Ma il bambino venne salvato e condotto alla corte del re di Corinto, dove gli fu dato il nome di Edipo. Così egli poté veramente uccidere il padre e accoppiarsi con la madre, senza mai sapere, se non quando sarebbe stato troppo tardi, che quell’uomo fosse suo padre e quella donna fosse sua madre.
Che cosa sarebbe successo se Giocasta non avesse avuto paura? Se avesse cresciuto, accudito, amato suo figlio? Avrebbe vinto il destino! Edipo avrebbe sempre saputo chi fosse suo padre e non lo avrebbe ucciso per errore, non riconoscendolo, e avrebbe sempre saputo chi fosse sua madre, dunque non si sarebbe accoppiato con lei. Forse. O forse Edipo avrebbe dato al padre anziano e malato, che gliela avrebbe chiesta, una morte dignitosa e avrebbe amato la madre senza quei sensi di colpa che avrebbero poi spinto lui ad accecarsi e lei ad impiccarsi. Se Giocasta avesse permesso all’amore di vincere la paura, avrebbe potuto scrivere il proprio destino a proprio modo, cambiando il proprio finale, e cambiando il destino del mondo.
Per trasformare il dramma bisogna saper ascoltare e accettare la voce dell’Oracolo che parla dalle profondità della psiche e non agire sull’impulso della paura.
Liberarci dal nostro dramma è tanto semplice quanto difficile: bisogna vincere la paura!
Per vincere la paura non serve il pensiero positivo, occorre il pensiero poetico, occorre l’amore! Bisogna andare oltre il positivo e il negativo, superare gli opposti e vincere la paura.
Capire cosa ti fa veramente paura e incominciare a familiarizzarci apre i tuoi occhi alla visione profonda.
Anziché offrirti iper efficienti tecniche per disfarti del bambino e mettere a tacere l’Oracolo, il MM ti porta nelle profondità ad ascoltare quell’Oracolo e ad amare quel bambino che sono le tue più grandi risorse.
Vincere la paura e guarire il proprio destino è possibile, basta volerlo.
Qualcuno ha detto che “la magia è l’arte di operare il cambiamento in conformità con la volontà”.
Il MM ti porta nel mondo della magia, sei il benvenuto, ti basta volerlo!
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Guarigione ed ecologia profonda
Giunto a questo punto della lettura del libro, tu possiedi molti tesori preziosi. Hai due potenti mantra, il primo di questi è il Mantra Egizio – Egyptian Mantra – indicato come EM – e il Mantra del Matrimonio Mistico – Mystical Marriage Mantra -, abbreviato in MMM. Possiedi il preziosissimo mantra della non dispersione dell’energia del rasa, il mantra Orarò Hekà. Possiedi inoltre la conoscenza dei meravigliosi rituali spirituali del mattino e della sera.
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Ora io desidero, però, regalarti una pratica di auto guarigione che potrai esercitare su te medesimo e anche su chi ha bisogno del tuo aiuto a mezzo del MMM. Questa pratica lavora sull’Akasha, il quinto elemento, l’etere o spazio, producendo non solo una guarigione individuale, ma anche, ogni volta che viene eseguita, una guarigione, una riarmonizzazione è una spiritualizzazione planetaria. Per questo voglio rivelarla, sebbene parte di una tradizione orale, a mezzo del testo scritto. Sento di avere in ciò il consenso dei Maestri, giacché è il tempo dell’Unione. Non può esistere una guarigione individuale che non sia parallelamente una guarigione del pianeta. La sensazione di essere finiti e chiusi in noi stessi è del tutto ingannevole e fonte di sofferenza. È il tempo, questo, della ecologia profonda.
Una ecologia profonda è una ecologia che si basa su di una presa di distanza dalle enfasi antropocentriche dell’ambientalismo costituito e dai movimenti ecologisti. L’Ecologia profonda ai estrinseca in un sentimento di interesse per le domande filosofiche fondamentali sul ruolo della vita umana come parte dell’ecosfera, distinguendosi dall’ecologia come branca delle scienze biologiche, così come dall’ambientalismo meramente utilitaristico basato sul benessere dei soli umani. L’ecologia profonda si sforza di oltrepassare la dualità razionalista tra l’organismo umano ed il suo ambiente naturale, permettendo così che l’attenzione venga posta sul valore intrinseco delle altre specie, dei sistemi e dei processi naturali. L’Ecologia profonda può offrire una base filosofica per la legislazione ambientale che può, a sua volta, guidare l’attività umana contro l’autodistruzione. L’ecologia profonda da un lato trova i suoi fondamenti scientifici nell’ecologia e nella dinamica dei sistemi, dall’altro è sostenuta dalle antiche conoscenze spirituali dei popoli.
La pratica di auto guarigione che sto per rivelarti è definibile a tutti gli effetti come una pratica di ecologia profonda perché si esercita nella piena consapevolezza della inscindibile unità tra l’uomo e il pianeta……